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Storia ed origini dell’olio di nocciola

Le prime testimonianze sulle origini dell'olio di nocciola risalgono all'epoca del Bronzo. Nella regione nota con il nome di Gallia Cisalpina, comprendente anche l'attuale Piemonte, l'olio di nocciola rappresentava la principale fonte di grasso alimentare per il generoso apporto oleico e la facile reperibilità del frutto. Dai manufatti rinvenuti in alcuni scavi archeologici si è potuto comprendere il metodo utilizzato originariamente per la sua estrazione: l’olio di nocciola si otteneva per affioramento da nocciole ridotte in pasta attraverso macine in pietra rudimentali.

Successivamente, tra il '400 ed il '600, complice anche la poca diffusione in Piemonte dell’olio di oliva, l'olio di nocciola trova largo impiego nelle ricette tradizionali della cucina piemontese, ma la sua più recente storia è quella che ci riporta alla seconda guerra mondiale con l'introduzione della tessera annonaria.

Nel mese di Gennaio del 1940 gli italiani vennero muniti di un documento nominativo, la tessera annonaria appunto, da utilizzare per l'acquisto di commestibili in giorni ed in quantità prestabilite. La guerra in corso, avrebbe infatti impedito gli approvvigionamenti attraverso il Mediterraneo, così da rendere necessario il razionamento dei generi alimentari. Furono subito limitati zucchero, caffè e cacao, ben presto però, e nei mesi immediatamente a seguire, il razionamento interessò praticamente tutti i generi atti a soddisfare i bisogni dell'individuo… sapone e vestiti inclusi. Tra questi meritarono una particolare attenzione i grassi: fu reso obbligatorio per produttori e commercianti dichiarare le quantità prodotte e vendute, concedendone per singola persona 500 g al mese.

Contemporaneamente fu imposto l'obbligo dell’ammasso per i prodotti agricoli: ovvero il loro conferimento a prezzo imposto presso i magazzini controllati dal regime. Questo disperato scenario di guerra, reso ancor più gravoso per una realtà agricola già duramente provata, fu decisivo per la ricomparsa dell’olio di nocciola.

Ingegnosità ed intelligenza fecero il resto! Così fu che i più intraprendenti agricoltori piemontesi, rigorosamente di notte ed al riparo da sguardi indiscreti, sopperirono al loro fabbisogno di grassi alimentari estraendo olio dalle nocciole con torchietti artigianali.

Le pietanze povere disponibili sulla loro tavola, erano così insaporite da questo prezioso olio vegetale. Non stupisca quindi che i piatti della tradizione piemontese come la Carne cruda all'Albese, i Ravioli del Plin o la Bagna Cauda, per citarne solo alcuni, nella loro preparazione più fedele, richiedano un olio altrettanto piemontese come l'olio di nocciola.

Immutato nei millenni, dalle lontane origini, rimane oggi un prezioso alleato in cucina, come condimento per verdure, formaggi, minestre e zuppe di legumi o cereali, carni crude, carpacci di pesce, frutta e dolci. Oltre all’utilizzo alimentare, grazie alle sue proprietà, l'olio di nocciola è oggi largamente impiegato in campo medico ed in quello cosmetico.

 

Olio di Nocciola... la vera storia!

"... A quei tempi la vita in campagna non era certo facile, si forse meglio che in città. Ad ogni modo il "pane" si sudava. Grazie al cielo, non ci lamentiamo, non ci è mai mancato niente; tutto però era fatto a mano: la cura delle viti, la coltivazione dei campi, i raccolti. Il nostro unico aiuto era la vacca, che in più, ci dava quel poco di latte da mangiare ed il vitello. Poi è venuta la guerra e le cose sono diventate ancora più difficili. Durante la trebbiatura un incaricato dello stato veniva a controllare quanto grano trebbiavamo, per noi non rimaneva una grossa quantità, quasi tutto era destinato all'ammasso. Il vino, anche quello, si cercava di venderlo, noi usavamo quello meno buono, mischiato un pò all'acqua dopo che lavavamo le botti. Era difficile anche riuscire a comprare i prodotti, avessimo avuto anche tanti soldi. Mi ricordo che la sera, di giorno non si poteva perchè qualcuno avrebbe potuto vederci, mettendo dei teli alle finestre, spremevamo nocciole, anche per tutta la notte, per avere un po' d'olio di nocciola in più; l'olio che potevamo comprare con la tessera era poco, non bastava. Allora con quel torchietto, procurato da dei parenti che lavoravano nelle ferrovie, non ricordo però da dove arrivasse, facevamo l'olio di nocciola. Schiacciavamo le nocciole una volta, lasciavamo riposare e poi di nuovo a spremere. Poi sbriciolavamo quelle già schiacciate ed ancora nel torchio per tirare fuori ancora quel poco d'olio nocciola che rimaneva. Le nocciole che rimanevano, non si buttavano mica, si faceva magari la torta di nocciole o si mangiavano così tostate."

(da un racconto di "Nonna" Egle Penasso)